La fantasia atterra e decolla sulle tele del maestro Iacono
In sposizione alla galleria Edonè di Vittoria le <<Scie>> di Francesco Iacono, una cinquantina di opere, oli e pastello, sulla poetica romantica dell’infinito e del ruolo umano
Un compendio di cieli, la personale di Francesco Iacono, evocativa fin dal titolo di questa suggestiva silloge del maestro vittoriese. “Scie”, in esposizione alla galleria Edonè di Vittoria fino al 6 novembre, allude efficacemente al complesso campo semantico attorno al quale gravitano queste intense vibrazioni degli spazi celesti.
Cieli sopra una terra appena percettibile all’occhio, nella serie degli “Orizzonti”, terra come equazione del finito, necessariamente minima e povera, rispetto agli spazi assegnati da Francesco Iacono alle regioni aeree. Ci invadono, queste sovradimensionate, spesso protagoniste uniche della tela, ma declinate in un’affascinante pluritematicità.
E’ tante cose il cielo di Francesco Iacono. Tecnicamente dispiegato in un corpus folto di una cinquantina di opere, oli e pastelli, il cielo è azzurro, resa qualitativamente notevole dell’atmosfera, cui non è estranea la ricerca guccioniana, spinta quasi all’omaggio in una luna memore del “Grido” di Piero Guccione. E quest’aria che Iacono trasferisce dal cielo alla tela, corporea nella pennellata più o meno materica, si anima di soffi, dalla spuma perlacea delle nuvole, del contrasto emozionale, prima che cromatico, tra “Ombra e luce”, come dei fasci di colore differenti, che scandiscono le valenze tante connesse al cielo.
E’ un cielo che va contemplato, quello di Iacono, secondo la chiave di lettura suggerita da Giovanni Bosco di Arte Viva, curatore della mostra: “Un invito alla contemplazione sono le ‘Scie’ di Francesco Iacono”, afferma Bosco, “tracciate sul mare o nel cielo, sono testimoni del passaggio di un qualcosa che, velocemente, con esse si dilegua. Portano la mente a contemplare spazi dove l’occhio non trova confini e la ragione non trova risposte”. Vi è facile cogliere la poetica romantica dell’infinito, pertanto, di quanto non possa essere chiuso da argini mentali, fisici, immaginativi. Ma è pure contemporaneità, la collezione di Francesco Iacono, quando il cielo si anima delle velocità dinamiche dell’elica, del motore, di un aereo ch’è segno tangibile della presenza attiva dell’uomo sul pianeta.
La sala centrale dii Edonè si anima pertanto di questo intenso rapporto tra uomo e cielo, che tocca il virtuosismo proprio nella resa dei valori atmosferici vibranti, cangianti per effetto del motore.
“Tutto è, qui, energia di colori”, scrive Francesco Gallo nel testo critico che correda il raffinato catalogo di presentazione, “stesura e tessuto, regno leggero e profondo, frammento, intensità e rarefazione…visione toccata con mano, accarezzata, spalmata, resa corpo”.
Né tale sguardo alle regioni meravigliose dell’incorporeo, dell’ideale, contraddice la serie di pastelli ambientati nel cosmo naturalistico ed estetico isolano. Il carrubo malato o l’interpretazione liricizzata degli “Iblei a primavera”, comprovano la relazione più autentica pattuita tra Francesco Iacono e la pittura. Un rapporto consustanziato della levità aerea, del volo, questo rapporto in mille situazioni, oggettive e immaginifiche, di uccelli fotografati in “Volteggi” o nelle nostalgie d’una “Migrazione”. Ma soprattutto in contesti che riecheggiano le velature impalpabili del sogno, magnificamente coesistente nella scala ricca cromatica che procede dai celesti ai poeticissimi grigi, fino alle luci brillanti dei notturni. Qui davvero il cielo si veste di infinito, quello indagato dai filosofi e ricercato dal cuore dei poeti, nella tensione generosa a raccontare le forme possibili del sublime e dell’eterno.